Improvvise nella memoria.

 

 

Improvvise nella memoria

mute schegge d’inverno

sfilacciano

quell’ultimo tuo sorriso

spazzato via

da una mareggiata.

Non oso mordere

il giorno che viene.

I denti non reggono più

la stretta

di questo tempo feroce.

Andiamo via, ti prego!

Danzeremo tra le navi

che affondano.

Lanceremo in aria

i cuscini colorati

della nostra disperazione.

Liberiamolo

il nostro amore condannato!

La memoria dell’infanzia

non ha un testo.

E’ solo un fumetto

di segni stranieri,

disertori, incapaci

di rammendare

un tempo vuoto.

Oggi ne è rimasta

una forma lisa,

sbriciolata ai bordi,

odorosa di basilico

e origano

soffiati a tratti

oltre il cielo

di una nuvola di farina.

Dario Arpaio.

L’ agonia del ghiacciaio

muta lenta la forma

e la speranza.

La memoria dell’acqua

si sperpera in silenzio

senza gli echi

del vento tra le rocce.

Allibite e assenti,

non migrano più

a valle.

E verrà un’alba

a bussare alla nostra notte.

Affacciati all’orizzonte

solo allora scopriremo

l’insostenibile vuoto.

Il ghiacciaio è morto.

Eppure il nulla

non si addice all’infinito.

Resta una elegante malinconia

senza redenzione alcuna.

Dario Arpaio

 

Si stava bene a bere vino.

Si stava bene, a notte,

al caffè di Checco.

Le nostre anime randagie

spillavano qualche credito

nei confronti della vita.

O almeno lo credevamo noi.

Le sfoglio una ad una

 quelle notti.

Ci scrollavamo di dosso

la polvere grassa del giorno.

Liberavamo le labbra,

che sorridevano

tra i calici colmi,

a volte sguaiate.

O restavano mute

con le parole sospese

in un silenzio spugnoso.

Rileggo solo ora

quei pochi spiccioli

di libertà sfrontata,

sfiorando appena

un ricordo svenduto,

sfilacciato e corsaro,

come i volti appesi

a una feritoia del tempo,

straziante e irresistibile.

 

(in ricordo di C.R.)

Era appena volato

il passero dal ramo.

Sai, ancora spiavo di nascosto

il tuo coro ubriaco

e la libertà rubata

nella stanza di un hotel.

Pioveva.

Piovevano anche i sogni

(e le malinconie).

Una sigaretta, ora,

non basta più.

L’addio è sgualcito.

Resta un borsalino,

spazzato via

 dalla pioggia.

D.A.